Essere tecnico allenatore ti porta a vivere in maniera indiretta le ansie, le emozioni, le gioie e le delusioni dei atleti che alleni. Sei li a bordo vasca a trattenere il respiro e a rivivere quell’esperienza immedesimandoti per un istante con l’atleta che hai allenato, seguito, istruito, fatto crescere.
A volte, però, ti viene voglia di riprendere le pinne e salire in pedana a ripercorrere quelle emozioni di anni fa, a metterti alla prova, a sentirti ancora vivo ed attivo nella tua passione, nel tuo sport.
L’apnea è uno di quei rari sport che ti permettono di farlo anche se sei avanti con gli anni.
Dovendo andare a Verona ad accompagnare le nostre atlete per il Campionato Italiano Primaverile di Apnea Dinamica, ho voluto rispolverare la mia vecchia monopinna e di ritornare in vasca, di rimettermi in gioco.
Mi ha appoggiato a questa scelta Andrea, il nostro Presidente. Mi disse: “Luca, partecipa, dai l’esempio che lo sport non è solo vincere, ma esserci, provarci, tentare e divertirsi.”
Così dopo circa 8 anni mi sono iscritto alla gara. Salire in quella pedana, aspettando il Top Time ovvero l’inizio della prestazione mi fatto ricordare le emozioni passate, malgrado una passata e breve esperienza in quel momento avevo “il cuore a mille”, ero emozionato e anche un po’ spaventato. Avevo paura di non farcela, di fare una brutta figura, ma il vedere le mie atlete che mi facevano il tifo mi ha tranquillizzato e al Top Time sono partito.
Nel momento che metto la testa sott’acqua succede una cosa strana, tutte le ansie, tutte le paure, tutti i pensieri svaniscono, sono solo io con me stesso. Facendo l’apnea dinamica passi per delle fasi, la prima è di silenzio e solitudine, sei li che sei partito e ti aspettano i metri davanti. Personalmente cerco di muovermi con tecnica, facendo il movimento più preciso possibile. La seconda fase è di sofferenza, l’anidride carbonica si fa sentire e il corpo si ribella ad essa. E’ un momento duro, di difficoltà, è quello dove ti giochi la gara, basta se sei distratto, se hai pensieri negativi, se non credi in te stesso, allora cedi, rinunci. In quel momento cerco di rilassarmi, rallento il ritmo, cerco di stendermi, mi concentro sul movimento, mi rassicuro ricordandomi gli sforzi fatti negli allenamenti precedenti. Questa fase mi si verifica dopo i 50 mt. Poi giro il muro dei 75 mt. nel momento di maggior sofferenza, infatti sbaglio la virata che mi sbilancia, ma dopo poco tutto passa, il corpo si rilassa. Inizia la terza fase, recepisco nuove sensazioni. Scherzando dico che vedo i puffi salutarmi, invece negli altri atleti c’è chi parla con la loro defunta nonna, chi vede la luce, chi … insomma si sta in uno stato surreale, quasi psichedelico. Sai che stai camminando per un filo e un non nulla ti fa cadere nell’oblio, nel black out. Non ricordando fino a che punto potevo andare avanti decido di emergere, il muro dei miei sogni, i 100mt., non è così lontano, ma scelgo di smettere, di risalire. Sarà un altro giorno che lo raggiungerò.
Appena sono con la testa fuori dell’acqua, ritornano i rumori e l’ossigeno. Ti concentri a respirare, a riprendere la respirazione, fai ok al giudice e aspetti il verdetto di conformità. Cartellino bianco, prestazione conforme, è fatta.
Questa prestazione mi ha portato a 86,13 mt, in poche parole era la misura che avevo 8 anni fa, sembra che il tempo non sia passato.
Esco dall’acqua felice e soddisfatto. Certo non portiamo nessuna medaglia, ma lo sport ci insegna che come c’è un vincente, c’è anche un perdente che ha la stessa passione ed ha messo lo stesso impegno. L’importante è che alla fine, caparbi, continuiamo sui nostri obiettivi e le nostre ambizioni. Una volta dissi ad un atleta, noi dobbiamo imparare a perdere per poter vincere.
Malgrado nessun podio, la pioggia che ci ha accompagnato, il viaggio lungo, la stanchezza, abbiamo fatto testimonianza nei campionati, chi più e chi meno ha raggiunto i suoi obiettivi, siamo stati insieme e ci siamo divertiti: siamo tornati ad Asti felici e possiamo dire che è stata una bellissima giornata.
Prossima tappa Lodi.